Isola di Montecristo – Arcipelago Toscano - Italia

Storie e leggende

Molte sono le storie e leggende sull’isola di Montecristo, dettate dalle suggestione o dalla credenze popolari, ne presentiamo alcune raccolte da Raffaele Sandolo direttamente dalle testimonianze della gente. Tra queste c’è anche la famosa storia del Tesoro di Montecristo!

Erba corallina

Negli anni 1950-60, Maria Avellino, moglie di Emiliano Sandolo, pescatore, raccontava ai  nipoti: “Emiliano pescava, negli anni successivi alla prima guerra mondiale, a sud dell’isola d’Elba. A fine stagione estiva portava a casa (Ponza) il pesce essiccato per mangiare in inverno e portava anche l’ erba corallina. La prendeva all’Africhella e a Montecristo sugli scogli piani appena sotto l’acqua marina, la essiccava prima all’ombra e poi al sole. Qualche volta la portava anche dalla Sardegna, quando pescava a La Maddalena. La dava ai farmacisti e agli amici, tenendone la maggior parte per sé e per i suoi familiari. L’erba serviva a fare un infuso che bevuto leniva i dolori di pancia e di stomaco”.

I monacielli

Dal 1945 al 1955, Stefano Sandolo andava spesso a pescare con suo fratello Giovannino presso Montecristo e raccontava di aver visto u Munaciello! all’Africhella:  ”Sicuro! L’ho visto! Aveva un cappuccio rosso ed era un monaco piccoletto e grassottelo che dava sicurezza. Proteggeva il Faro ed anche i pescatori che passavano la notte a terra. Aveva atteggiamenti amichevoli e faceva sovente buona compagnia! Era diverso da i Munacielli di Montecristo, che spesso davano fastidio o irridevano, presentandosi talvolta nelle vesti di uccelli notturni, come Gufi e Civette, per fare paura ai marinai che approdavano all’isola”.

 

Splendore della notte

Cala Corfù è la Cala più grande dell’isola dove le correnti sovente ammassano il plancton che richiama grandi branchi di pesci. Nei decenni passati i pescatori, dopo le fatiche della giornata, ancoravano la loro barca nella Cala per cucinare quindi riposare. In assenza di luna i pesci attorno alla barca, spaventati da qualsiasi rumore, si muovevano tutti insieme in superficie creando un lampeggiare fosforeggiante che illuminava l’intera scogliera e la montagna sovrastante. Sembrava una magia. Rimanevano silenziosi e estasiati nell’osservare tale meraviglia. Lo spettacolo si ripeteva praticamente ogni volta che qualche barca si ancorava nella Cala e faceva del rumore. Nella notte profonda, senza luna, una luce si alzava dal mare per illuminare la costa vicina e le alte scogliere.  Tratto da un brano di Raffaele Sandolo.

Il drago di San Mamiliano

“Rimaniamo nel campo delle leggende: quella di San Mamiliano. Nel quinto secolo i vandali di Genserico occupano la Sicilia, la Sardegna e la Corsica, assaltano Roma, perseguitano i Cristiani. Genserico ordina l’arresto di Mamiliano, vescovo di Palermo. Il prelato riesce a procurarsi un piccolo naviglio e con quattro compagni di fuga approda nelle isole del Tirreno fermandosi definitivamente a Montecristo. Non ci sono uomini nell’Isola: tra le rocce vive un drago. Mamiliano uccide il drago e lo butta in mare. Può così dedicarsi alla preghiera”.  Valerio Cecconi, L’altra Toscana-Arcipelago, Ed. Tellini, 1979 – Cap. Montecristo.

Il tesoro dell’isola

“Oggi, 25 aprile 1498 essendo stato invitato a pranzo da Sua Santità Alessandro VI e temendo che, non contento di avermi fatta pagare il cappello cardinalizio non voglia ereditare da me e mi riservi la sorte toccata ai cardinali Caprara e Bentivoglio, morti avvelenati, dichiaro a mio nipote Guido Spada, mio erede universale, che ho nascosto in un luogo che egli conosce, per averlo visitato con me, cioè nelle grotte della piccola isola di Montecristo, tutto ciò che possiedo in lingotti, monete d’oro, pietre preziose, diamanti, gioielli; che soltanto io conosco l’esistenza di tale tesoro, il quale può ammontare press’a poco a due milioni di scudi romani, che egli troverà levando il ventesimo masso a partire dalla piccola cala orientale in linea retta. Nelle grotte sono state praticate due aperture: il tesoro si trova nell’angolo più lontano della seconda. Tale tesoro io glielo lascio e cedo in tutto la proprietà, come a mio unico erede”. Tratto da Il Conte di Montecristo di Alexandre Dumas.